Il settore immobiliare per il rilancio del paese: le richieste di Aspesi

In vista delle imminenti elezioni politiche che eleggeranno un nuovo Parlamento con un nuovo Governo, l’ASPESI-Unione Immobiliare – la prima associazione nazionale dell’investimento e dei servizi immobiliari per anzianità e numero di società associate – rivolge un appello a chi assumerà la responsabilità primaria di condurre il Paese affinché valorizzi il settore immobiliare che – con la sua intera filiera – più di ogni altro può contribuire alla ripresa quantitativa e qualitativa del Paese, del suo territorio, delle sue comunità e del suo ambiente.

A tale scopo, ASPESI-Unione Immobiliare avanza tre proposte essenziali e prioritarie che -fra le tante misure che occorrerebbero urgentemente non solo per noi imprenditori immobiliari ma soprattutto per il Paese – possono essere adottate immediatamente e a costo praticamente zero dalle nuove Istituzioni nazionali che guideranno l’Italia nei prossimi cinque anni.

·       NUOVA LEGGE URBANISTICA NAZIONALE. Una nuova legge di regole prevalenti sulle 20 differenti normative regionali che sostituisca quella risalente al 1942. Semplificando e sburocratizzando realmente le procedure autorizzative, fissando principi, modalità e regole al posto di camicie di forza imposte dall’alto (dicasi destinazioni d’uso che bloccano la rigenerazione urbana). Con una parte determinante di incentivazione effettiva della rigenerazione urbana privata – necessaria in particolare nelle grandi città – che non preveda “piani” calati dall’alto (come i disegni i legge presentati nella scorsa legislatura), ma incentivi orizzontali – mirati e gradati – per favorire il recupero del dismesso contro il consumo di nuovo suolo e le zone di minor valore commerciale (come le periferie metropolitane e i piccoli centri) dove il mercato non può da solo risolvere il problema del degrado territoriale e ambientale.

·       INCENTIVARE LA PRODUZIONE DI APPARTAMENTI NUOVI MEDIANTE INTERVENTO SULL’IVA. Oggi l’acquisto di alloggi usati è in Italia paradossalmente agevolato fiscalmente rispetto a quello di alloggi nuovi. Infatti l’aliquota prima casa dell’imposta di registro sul vecchio è del 2% contro l’aliquota Iva del 4% sul nuovo. Mentre lo Stato avrebbe tutto l’interesse a fare esattamente il contrario, perché negli appartamenti nuovi c’è PIL, occupazione, risparmio energetico e qualità ambientale. Portare l’aliquota Iva prima casa a zero (o all’ 1-2%) – e quella sulle altre case dal 10% al 4% – significherebbe favorire nuovi investimenti immobiliari residenziali – in particolare di recupero di edifici degradati – con costo praticamente nullo per le casse pubbliche (che si avvantaggerebbero di tutta la fiscalità – sia della costruzione che della compravendita – delle nuove operazioni che diversamente non si farebbero).

·       FAVORIRE LE PERMUTE CON L’IMPOSTA DI REGISTRO. Per la popolazione media è sempre più difficile poter acquistare una nuova casa al fine di migliorare la propria condizione abitativa (magari per nuove esigenze che il Covid ha evidenziato), a causa della mancata crescita dei redditi dal 2000 a oggi e dell’inflazione. Quasi sempre è necessario poter vendere il proprio attuale appartamento, ma manca un acquirente per l’eterna crisi del mercato immobiliare che attanaglia tutta l’Italia da 15 anni con la sola eccezione di Milano. Le società immobiliari potrebbero acquistarlo a parziale deconto dal prezzo dell’appartamento nuovo che venderebbero allo stesso cliente, ma non lo possono fare perché acquistarlo – per ristrutturarlo e rivenderlo – implicherebbe il pagamento immediato di un’imposta di registro del 9%! Sospendere per 5 anni questa gabella (che frutta poco o niente allo Stato, anche perché queste operazioni oggi non si fanno) in attesa che entro lo stesso periodo la società immobiliare venda a Iva l’immobile vecchio ristrutturato a nuovo, sarebbe uno straordinario e semplice strumento per: 1) rilanciare la produzione e la vendita di alloggi nuovi o ristrutturati, 2) rilanciare il mercato immobiliare anche nei centri minori, 3) soddisfare esigenze di qualità della vita della popolazione, 4) efficientare ambientalmente ed energeticamente il patrimonio immobiliare italiano in un momento di forte crisi energetica, sicuramente di non breve durata, 5) aumentare perfino le entrate dello Stato per la maggiore Iva sulla filiera produttiva dei nuovi immobili e sulle varie parcelle legate alle nuove compravendite, Iva che incasserebbe subito a differenza di un’imposta di registro che non incassa per niente perché le permute tra vecchio e usato oggi non esistono.