Confedilizia: ancora in aumento gli immobili ridotti in ruderi, +2,7% nell’ultimo anno, + 119% rispetto al 2011

Confedilizia rende noti i numeri riguardanti le cosiddette “unità collabenti”, ovvero gli immobili ridotti in ruderi a causa del loro elevato livello di degrado.

Secondo i dati dell’Agenzia
delle entrate relativi allo stato del patrimonio immobiliare italiano nel 2022, il numero di tali immobili, classificati nella categoria catastale F2, è aumentato del 2,7 per cento rispetto
all’anno precedente.
Il dato più allarmante emerge quando si confrontano i numeri pre e post Imu: dal 2011, gli immobili ridotti alla condizione di ruderi sono più che raddoppiati, passando da 278.121 a 610.085, con un incremento del 119,36 per cento.

Questa situazione ha evidenti conseguenze sulle aree in cui tali edifici insistono, creando un serio problema di degrado urbano e sociale. Si tratta di immobili, appartenenti per il 90 per cento a persone fisiche, che pervengono a condizioni di fatiscenza per il solo
trascorrere del tempo o, in molti casi, in conseguenza di atti concreti dei proprietari (ad esempio, la rimozione del tetto) finalizzati a evitare almeno il pagamento dell’Imu. Va infatti
ricordato che sono soggetti alla patrimoniale immobiliare – giunta a un carico di 22 miliardi di euro l’anno – persino i fabbricati definiti “inagibili o inabitabili”, ma non ancora considerati
“ruderi”.

Giorgio Spaziani Testa, presidente della Confedilizia, evidenzia la necessità che la politica rifletta su questi dati e individui soluzioni adeguate. Una delle proposte della Confederazione della proprietà edilizia è quella di ridurre il carico fiscale rappresentato dall’Imu, in particolare sugli immobili dei piccoli centri e dei borghi, spesso abbandonati e in declino.

L’eliminazione dell’Imu nei Comuni fino a 3.000 abitanti, ad esempio, avrebbe un costo annuo contenuto (800 milioni di euro, meno del 4 per cento del gettito complessivo dell’imposta) ma potrebbe rappresentare un segnale importante per i proprietari, spesso eredi, che non hanno le risorse o gli incentivi per riqualificare i propri beni.

Molti di questi immobili sono privi di possibilità di vendita o affitto e tra poco tempo potrebbero essere oggetto di obblighi di riqualificazione energetica in caso di approvazione della proposta di
direttiva europea “case green”. La necessità di intervenire, dunque, è sempre più urgente.